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UNA VITA INDIPENDENTE
(SAMOSTAIATELNAIA JIZN)
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  Stampa questa scheda Data della recensione: 13 maggio 1992
 
di Vitali Kanevskij, Pavel Nazarov, Dinara Drukarova, Toshihiro Watanabe (Russia, 1992)
Kanievskij propone il seguito di quel STAI FERMO, MUORI E RESUSCITA che aveva sconvolto non poche coscienze e guadagnata la Camera d'Oro destinata al miglior esordiente di Cannes 1990. Non solo i due indimenticabili ragazzini li seguiamo ora che si sono fatti adolescenti; ma per conservare gli stessi, straordinari attori Kanievskij, accanto a Valerka, ha creato Valka, la sorella della sua amichetta Valia, rimasta uccisa alla fine di STAI FERMO. Né poteva cambiare i luoghi, che tanto avevano contribuito all'impatto di allora: solo che da Soutchan, la desolata città-lager con i giapponesi prigionieri fra ghiaccio e fango, Valerka si fa inseguire - da noi e dalla sua Valka - in un altro Nord che non cambia di certo in meglio. In un cantiere su un fiume che hanno il coraggio di chiamare Amour, nel solito ghetto apocalittico dove non si mangia e si scopa, vomita e soprattutto crepa in una preciviltà della quale avevamo perduto il senso.

Solo questo Kanievski sembra avere coraggio e rabbia per girare in cinema ("Ho fatto tutti i mestieri, ma nessuno mi ha dato un piacere così totale, un'emozione così intensa: forse a parte quando facevo il ladro... ") un assiderato ubriaco d'antigelo, sul quale non si può che orinare per riportarlo, diciamo così, in vita. O un grappolo di topi in fiamme; un maiale sgozzato maldestramente, sotto gli occhi del ragazzino che l'aveva appena accarezzato.

Solo Kanievski sembra capace di appropriarsi di così tanta disperazione. E poi, come il suo eroe che ricorda sempre di più il Doinel di François Truffaut, uscire non certo intatto, né rigenerato, ma ancor voglioso di sublimarlo. È un cammino duro, e lo si vede: più che in STAI FERMO dove era pura autobiografia, tutto ciò stenta ad entrare in uno schema, in una logica che si può definire progressione. Tra le nebbie e certi sogni un po' insistiti, si è come annichiliti di aver toccato il fondo: ma per condividere tanta tragedia avremo bisogno, al prossimo incontro, qualche misero strumento che ci soccorra.


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